Fondazione Cariverona sostiene, grazie a un bando ad hoc, la nascita di 22 nuove Cer con 1,3 milioni di euro
Sulla transizione ecologica, l’Italia è ancora indietro. La conferma arriva da un report della School of Management del Politecnico di Milano. Per raggiungere gli obiettivi climatici fissati dall’Unione europea al 2030 – che prevedono la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% rispetto ai livelli del 1990 – il Paese dovrebbe correre otto volte più veloce di quanto stia facendo, diminuendo i livelli di almeno il 4% all’anno.
Un traguardo ambizioso che richiede passi concreti, a partire dalla progressiva riduzione dell’uso dei combustibili fossili per abbracciare le energie rinnovabili. Oggi queste fonti coprono il 19% dei consumi finali degli italiani e rappresentano il 40% circa della produzione nazionale di energia elettrica. La strada verso la decarbonizzazione è quindi ancora lunga: è necessario il contributo di tutti.
Da questa consapevolezza nasce la decisione di Fondazione Cariverona di sostenere la nascita di 22 nuove Comunità energetiche rinnovabili (Cer) nei propri territori. Attraverso un bando ad hoc, il Consiglio di amministrazione dell’ente ha recentemente deliberato 1,3 milioni di euro per la creazione di 4 Cer nella provincia di Verona, 8 a Vicenza, 7 a Belluno e 3 ad Ancona.
“Oggi le fonti di energia rinnovabile coprono il 19% dei consumi finali degli italiani e rappresentano il 40% circa della produzione nazionale di energia elettrica”
“La crisi climatica che stiamo vivendo ci costringe ad accelerare i processi autorizzativi utili a sviluppare sistemi alternativi di produzione e di consumo di energia”, sottolinea il presidente Alessandro Mazzucco.
“Dietro questa sfida si nasconde una preziosa opportunità: quella di costruire un nuovo futuro, sostenibile e a misura d’uomo, per le nostre comunità. La nascita delle Cer dà forma a questa visione. È un passo piccolo, ma concreto e molto importante, nella giusta direzione”.
Non solo ambiente: i vantaggi delle Comunità energetiche rinnovabili
I vantaggi legati a queste forme di autoproduzione e autoconsumo vanno oltre l’impatto sull’ambiente. Dalla creazione di nuove relazioni a una maggior autonomia dei territori, dalla riduzione dei costi in bolletta allo sviluppo di nuove competenze, le Cer toccano trasversalmente tutti gli obiettivi strategici della Fondazione.
Sul piano sociale preoccupa, in particolare, il fenomeno della povertà energetica: secondo i dati, circa l’8,8% della popolazione italiana non è in grado di riscaldare adeguatamente la propria abitazione.
“Le comunità energetiche rinnovabili selezionate rappresentano un’ottima soluzione per rilanciare la coesione e il senso di comunità rispondendo alle sfide socio-economiche dei nostri territori. È importante che enti, cittadini e imprese collaborino e accelerino per dare concretezza al tema della sostenibilità in tutte le sue dimensioni, senza lasciare indietro nessuno”.
Nuove competenze per il territorio
Nonostante siano considerate uno strumento fondamentale della strategia climatica nazionale, oggi le Cer sono ancora poco diffuse in Italia, soprattutto nel confronto con altri Paesi europei come Germania e Danimarca: quelle operative sarebbero, in totale, meno di cento. A rallentarne l’espansione la lunga attesa dei decreti attuativi e la mancanza di competenze tecniche e specialistiche.
“Siamo consapevoli dei ritardi del nostro sistema e delle cause che li hanno generati – commenta il direttore generale Filippo Manfredi – Per questo motivo, il nostro bando mette a disposizione, oltre alle risorse economiche, anche squadre di esperti e tecnici in grado di fornire assistenza agli enti in ogni fase del progetto, accompagnandoli in un vero e proprio percorso di sviluppo delle competenze”.
“Le comunità energetiche selezionate rappresentano un’ottima soluzione per rilanciare la coesione e il senso di comunità rispondendo alle sfide socio-economiche dei nostri territori”
“La nostra speranza – conclude Manfredi – è che queste esperienze pilota possano avere un effetto moltiplicatore e diventare buone pratiche per nuove forme di sviluppo, coinvolgendo altri attori nel cambiamento”.