Quanto è importante la biodiversità microbica per lo sviluppo delle vigne? A rispondere è il progetto MicroBio: l’obiettivo è rendere l’agricoltura più sostenibile, riducendo l’uso di input chimici
Maestose e imponenti, le foreste sono tra i protagonisti indiscussi della saga cinematografica Avatar, diretta dal canadese James Cameron. Sul pianeta Pandora, abitato dalla popolazione Na’vi, gli alberi sono connessi tra loro attraverso una fitta rete di legami biochimici che, passando nel sottosuolo, abbracciano e proteggono il mondo.
Sembra che l’idea sia venuta al regista dopo aver letto gli studi di Suzanne Simard, professoressa dell’Università della British Columbia e autrice del libro “L’albero madre”.
A partire dagli anni Novanta, la scienziata canadese ha mostrato che, nei boschi incontaminati del suo Paese, esiste un vasto reticolo sotterraneo di microrganismi e funghi in grado di mettere le piante in relazione tra loro.
“La scienziata canadese Suzanne Simard ha dimostrato che gli alberi comunicano tra loro attraverso un vasto reticolo sotterraneo di microrganismi e funghi”
Attraverso questi canali gli alberi condividono risorse come acqua, azoto e carbonio e scambiano informazioni sui livelli di nutrizione e di stress. Tutto avviene nel segno della cooperazione e del sostegno reciproco: i colossi secolari si “prendono cura” degli individui più fragili, aiutandoli a crescere sani e forti, per il bene della foresta.
“Nel settore della microbiologia, sono tesi conosciute da tempo e anche noi siamo partiti da qui”, racconta Luca Nerva, ricercatore del CREA e coordinatore, insieme a Walter Chitarra, del progetto MicroBio sostenuto da Fondazione Cariverona con il bando Habitat 2020.
“Dopo aver approfondito le ricerche della Minard, abbiamo deciso di saggiare l’efficacia di alcune sue intuizioni applicandole a un ambiente antropizzato, tipico della regione veneta, come quello dei vigneti”.
L’ecosistema microbico che aiuta le viti a combattere gli stress
L’idea alla base del progetto MicroBio condotto dal CREA è semplice e innovativa: la presenza di un ecosistema microbico ricco e diversificato potrebbe aiutare le viti a rispondere meglio agli stress esterni – in parte causati dal cambiamento climatico (siccità, terreno povero di sostanze nutritive, ecc.) – facilitandone lo sviluppo.
“Come per i boschi del Canada, volevamo capire se una maggior varietà di microrganismi del sottosuolo avrebbe aiutato le piante a stare meglio e ad affrontare le difficoltà in una logica collaborativa, a vantaggio di tutta la vigna”.
“La domanda alla base dello studio: una maggior varietà di microrganismi presenti nel sottosuolo può aiutare le viti a crescere meglio?”
Dopo aver raccolto per oltre un anno microrganismi in ogni angolo del Paese – dalla Sicilia alla Puglia, dai suoli siccitosi alle pendici dell’Etna -, nel novembre scorso il team di ricercatori di MicroBio ha realizzato i primi prodotti.
Sono stati applicati inizialmente ad alcune viti coltivate in vaso e, di recente, nei campi gestiti dall’azienda Collis Veneto Wine Group, partner del progetto.
I dati registrati nel corso della primavera sono positivi e confermano l’ipotesi di partenza: alcuni formulati, messi a punto dal CREA e ricchi di microrganismi, sono in grado di stimolare la crescita delle piante. “Le radici di queste viti funzionano un po’ come il nostro intestino: i microrganismi sono i fermenti lattici che le aiutano a lavorare insieme e ad assorbire meglio le sostanze nutritive”.
Una biodiversità essenziale per la vita, anche se poco nota
A fare la differenza è quindi la biodiversità microbica che caratterizza il terreno. “È un tema sul quale noi lavoriamo da anni, e che solo ora sta diventando parte integrante della programmazione dell’Unione europea per la ricerca scientifica”. I microrganismi svolgono un ruolo poco visibile ma determinante per il benessere del suolo e, quindi, del Pianeta.
“Anche se spesso viene trascurata, la biodiversità microbica è essenziale per la nostra vita sulla Terra, tanto quanto la presenza di specie diverse di piante e animali. Tra gli anni Ottanta e il primo decennio del Duemila, però, l’agricoltura ha fatto un uso massiccio di sostanze di sintesi, riducendola drasticamente”.
“I microrganismi svolgono un ruolo poco visibile ma determinante per il benessere del suolo e, quindi, del Pianeta”
Ad avere un impatto negativo è stata anche la scelta di concentrarsi, ad esempio, su una sola varietà di vite per la produzione di prosecco, clonando all’infinito lo stesso fenotipo in gran parte del territorio veneto. “In passato, le vigne comprendevano anche 10-15 individui diversi, ognuno dei quali richiamava determinate categorie microbiche, che rendevano l’ecosistema più resiliente e pronto ad adattarsi per affrontare qualsiasi sfida”.
La prima banca microbica firmata MicroBio
Il rischio estinzione per questi microrganismi è sempre dietro l’angolo, con potenziali gravi danni per l’agricoltura e per l’ambiente.
“Per questo motivo all’interno del progetto MicroBio abbiamo creato la prima banca microbica, che mira a salvaguardare la biodiversità dei suoli. Abbiamo raccolto in diverse zone d’Italia, campionando da viti vecchie anche più di 100 anni. È un’iniziativa che ha suscitato parecchio interesse e oggi ci arrivano richieste da tutto il mondo per avere accesso al nostro database”.
I vantaggi economici e ambientali
Se i dati fossero confermati, l’approccio sviluppato dal CREA potrebbe contribuire a rendere tutta l’agricoltura più sostenibile, alleggerendo la pressione sugli ecosistemi e tutelando la salute umana. “Negli esperimenti condotti fino a qui siamo riusciti ad abbattere di circa la metà l’utilizzo di input chimici per la viticoltura”.
I vantaggi potrebbero essere di natura economica, oltre che ambientale. Poiché la produzione di fertilizzanti richiede una grande quantità di energia, nel corso dell’ultimo anno i prezzi sono triplicati.
Si stima, inoltre, che il costo per i trattamenti delle vigne possa aumentare tra il 20 e il 50% nei prossimi anni, a causa degli effetti del cambiamento climatico. “Per questi motivi la nostra potrebbe rappresentare un’alternativa conveniente e poco costosa per gli imprenditori agricoli, tagliando una serie di spese destinate a crescere”.
“Negli esperimenti condotti fino a qui siamo riusciti ad abbattere di circa la metà l’utilizzo di input chimici per la viticoltura”
L’interesse delle aziende per MicroBio
L’interesse delle aziende per i risultati del progetto è alto: “Abbiamo già iniziato a ragionare con Lallemand – azienda produttrice di starter microbici, partner di MicroBio – sui prossimi step: vorremmo brevettare i primi prodotti per poi tentare uno scale up industriale e andare presto sul mercato”, conferma Chitarra.
Intanto anche altre imprese agricole che coltivano agrumi e ulivi hanno alzato le antenne, iniziando a chiedere informazioni. “Sono già arrivate le prime proposte di collaborazione future. In effetti, se i nostri formulati dovessero funzionare, potrebbero imprimere una bella svolta al mercato di diversi prodotti agricoli, garantendo una maggiore sostenibilità ambientale, oltre che economica”.
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