Si è tenuta ieri, nella sede della Fondazione, una giornata di confronto e riflessione tra enti, scuole, operatori e istituzioni per rileggere l’esperienza dei bandi FORMAT 2021 e 2022. Un laboratorio partecipativo per condividere pratiche, criticità, apprendimenti e visioni future

Verona, 27 maggio 2025. Una data che non segna una fine, ma un nuovo inizio. Con Impact LAB, Fondazione Cariverona ha inaugurato un format inedito — e forse anche un nuovo modo di fare comunità: più ascoltato che raccontato, più condiviso che presentato.
Come? Trasformando la conclusione di due bandi in un laboratorio collettivo che ha il sapore della prima volta, ma l’ambizione di una lunga serie. Impact LAB non è stato un evento, né un convegno. È stato un dispositivo. Uno spazio reale, ma anche simbolico, per interrogarsi su una domanda semplice e radicale: cosa resta davvero alla fine di un progetto?
“Impact LAB è stato un invito a rileggere i progetti non solo per quello che hanno fatto, ma per quello che hanno generato”
Una domanda che ha convocato enti, scuole, operatori, amministrazioni, giovani. Tutti protagonisti dei 43 progetti sostenuti dalla Fondazione attraverso i bandi FORMAT 2021 e 2022, dedicati all’educazione ambientale e alla partecipazione attiva nei territori. E tutti riuniti per la prima volta non per rendicontare, ma per raccontare. Non per presentare risultati, ma per approfondirne il senso, condividendo sfide affrontate e lezioni apprese.
Un laboratorio partecipativo per rileggere il presente
A curare il disegno metodologico dell’incontro è stato l’Istituto Italiano di Valutazione, con cui la Fondazione ha co-progettato l’intera giornata. Non a caso. Perché l’idea non era solo fare il punto, ma costruire un’occasione generativa, dove la valutazione si traducesse in ascolto, confronto e visione.
La struttura dell’evento lo ha reso evidente. Dopo una breve introduzione, i partecipanti sono stati suddivisi in sei gruppi tematici, ciascuno attorno a una direttrice progettuale ricorrente: dalla sensibilizzazione dei cittadini alla formazione dei giovani, dagli strumenti digitali all’economia circolare, dalle reti territoriali alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale.

Nel primo round, ogni progetto è stato raccontato a partire da due elementi: le risposte a una survey preparatoria e un oggetto simbolico portato da ciascun ente. Una modalità tanto semplice quanto potente, che ha permesso di rendere visibile il legame tra le esperienze e le persone che le hanno attraversate.
Il secondo round ha invece aperto uno spazio di confronto guidato da tre domande: quali snodi chiave hanno segnato il percorso progettuale? Quali criticità sono emerse? E che suggerimenti si possono offrire alla Fondazione per il futuro?
In chiusura, una plenaria di restituzione ha permesso di raccogliere suggestioni trasversali, evidenze comuni, desideri condivisi. Non solo verso ciò che è stato, ma soprattutto verso ciò che potrà essere.
Progetti, numeri, connessioni
Lanciati tra il 2021 e il 2022 con una dotazione complessiva di tre milioni di euro, i due bandi FORMAT hanno sostenuto 43 progetti in cinque province (11 a Verona, 9 a Vicenza e Belluno, 5 a Mantova e Ancona, 4 interprovinciali) attivando una rete vasta e differenziata.
Il dato quantitativo è di quelli che colpiscono: 441mila cittadini raggiunti (di cui oltre un terzo under 20), 913 enti coinvolti (di cui 483 scuole), 91 nuove collaborazioni formalizzate. A confermare la portata trasformativa dell’iniziativa ci sono anche i primi dati relativi all’impatto.
Tra i 153mila partecipanti diretti alle attività, il 69% ha dichiarato di aver aumentato le proprie conoscenze in ambito ambientale, mentre il 32% ha modificato il proprio stile di vita all’aperto, scegliendo forme di mobilità dolce e una fruizione più consapevole degli spazi. Il 29% ha cambiato comportamenti legati alla gestione delle risorse, il 20% ha adottato pratiche di mobilità sostenibile e il 9% ha avviato esperienze di volontariato o partecipazione civica sul tema ambientale.
Ma ciò che ha reso l’esperienza degna di essere raccontata è anche ciò che i numeri non dicono. Quello che emerge dai progetti – e che Impact LAB ha contribuito a rendere esplicito – è un patrimonio immateriale fatto di relazioni, fiducia, apprendimento, trasformazioni. Un lascito che si sedimenta nelle pratiche quotidiane, nei linguaggi educativi, nei luoghi rigenerati, nelle scelte di vita di chi ha partecipato.
La pazienza della rete, la potenza della passione
Nel corso della plenaria finale, un concetto ha risuonato più volte: fare rete è faticoso. Serve tempo, fiducia, disponibilità al disaccordo. Ma è proprio nella lentezza della costruzione relazionale che nasce l’impatto che dura.
Un altro tema emerso con forza è quello della progettazione come atto emotivo. Non basta strutturare interventi coerenti e misurabili. Serve anche passione. Serve progettare con le persone, partendo da ciò che le muove, le tocca, le riguarda.
“Dare voce ai protagonisti ha significato trasformare il monitoraggio e la valutazione in un’esperienza condivisa, vissuta e narrata”
Molti partecipanti hanno raccontato come, nei propri territori, l’elemento decisivo per coinvolgere le comunità sia stato non tanto il contenuto, ma il modo di proporlo: laboratori vissuti come esperienze, attività educative che parlano al cuore prima che alla testa, occasioni per sentirsi parte di qualcosa che ha senso.
Fondazione come infrastruttura di fiducia
Non è solo il campo progettuale ad essersi messo in discussione. Anche Fondazione Cariverona ha scelto di farlo. In diversi momenti, è emersa una visione nuova del suo ruolo: non più solo ente finanziatore, ma piattaforma di ascolto e apprendimento, amico critico, nodo di connessione tra saperi, territori e visioni.
Impact LAB è stato, anche per la Fondazione, un esercizio di spostamento: da chi valuta a chi dialoga, da chi chiede conto a chi co-costruisce contesti di fiducia. Una postura che, se mantenuta e rafforzata, può diventare uno degli asset più rilevanti della sua identità futura.

Una grammatica nuova per un impatto generativo
Nel saluto finale, il direttore generale Filippo Manfredi ha sintetizzato così lo spirito della giornata: “Impact LAB nasce da una domanda semplice ma non banale: cosa resta davvero, alla fine di un progetto? Abbiamo voluto creare uno dove questa domanda potesse trovare voce, ascolto, e soprattutto relazioni. Perché un progetto finisce, sì, ma il suo impatto – quello vero – continua”.
“Oggi non abbiamo voluto raccontare risultati, ma attivare conversazioni. Abbiamo scelto l’ascolto, la co-costruzione, anche la complessità. Abbiamo scelto di guardare insieme cosa ha funzionato, cosa no, e soprattutto perché. E questo ‘perché’ è ciò che ci guida come Fondazione”.
“Fondazione Cariverona sceglie di essere non solo ente erogatore, ma piattaforma relazionale e culturale per i territori”
Impact LAB è stato, in questo senso, un primo passo. Non una sintesi, ma una soglia. E forse anche l’inizio di una nuova grammatica dell’impatto, fondata su tre parole: relazione, fiducia, responsabilità.
Il desiderio espresso da molti – operatori, docenti, enti – è chiaro: questo laboratorio non può restare un episodio. Deve diventare struttura, metodo, ricorrenza. Deve tornare. Perché è nel tornare che si genera cultura. E impatto, quello vero.
Nelle prossime settimane, l’Istituto Italiano di Valutazione curerà un report sintetico di restituzione dell’esperienza Impact LAB: uno strumento pensato per raccogliere i principali risultati emersi durante la giornata e condividerli tra tutti i partecipanti, come lascito comune e ulteriore stimolo per i percorsi futuri.

Condividi l’articolo