Dal percorso di quattro anni, lanciato dalla Fondazione in partnership con SocialFare, sono nate iniziative, buone pratiche e riflessioni in grado di creare impatto sui territori: ieri, a Verona, l’evento finale di restituzione con le lezioni apprese
Si è chiuso ieri, con un evento presso la Vecomp Academy di Verona, un percorso lungo quattro anni – promosso dalla Fondazione, in collaborazione con SocialFare – alla scoperta del mondo dell’innovazione sociale.
Il viaggio era iniziato nel 2020 con un percorso di formazione (FutureUp!) che aveva coinvolto 170 persone nelle cinque province e si è poi sviluppato con l’accompagnamento di 21 progetti (8 nella provincia di Verona, 6 a Vicenza, 4 a Belluno, 3 ad Ancona) sostenuti attraverso il bando Innovazione sociale (circa 3 milioni di euro).
L’appuntamento conclusivo ha rappresentato un prezioso momento di confronto e dialogo che ha riunito gli enti beneficiari per condividere esperienze, buone pratiche e riflessioni attorno a tre temi chiave: rete, sostenibilità e giovani.
“L’innovazione sociale, scrive Roberto Ciccarelli, è come il tofu. Insapore, sta bene con tutto: il dolce e il salato. Una definizione certa non esiste”
Protagonisti assoluti sono stati i progetti e le loro storie. I tavoli di lavoro e la restituzione finale hanno permesso di esplorare come costruire e mantenere reti solide e integrate, garantire la sostenibilità delle iniziative nel tempo e attrarre giovani talenti verso modelli di intervento innovativi e inclusivi. I partecipanti hanno condiviso sfide e soluzioni, arricchendo il confronto con il valore di un’esperienza concreta.
Alleanza, esperimento e competenza: le chiavi per innovare
Prima del momento laboratoriale, il pomeriggio si è aperto con l’intervento introduttivo di Anthea Vigni, social economist di SocialFare, che ha approfondito il significato di innovazione sociale. Un termine sfuggente e difficile da inquadrare – un “quasi-concetto”, come l’ha definito la Commissione europea – del quale però oggi non riusciremmo più a fare a meno. Non solo sul piano teorico, ma anche pratico.
Comprende infatti soluzioni in grado di rispondere a bisogni sociali in modi nuovi e migliori rispetto a quelli tradizionali, mettendo le persone e le loro comunità al centro dei processi di cambiamento. Dalla riflessione sono emersi tre ingredienti chiave dell’innovazione sociale: alleanza, esperimento, competenza.
Alleanza
Un’alleanza è molto più di una rete: è un patto strategico basato su una visione condivisa. Richiede tempo, fiducia e una progettazione integrata che coordini ruoli e responsabilità, definendo metodi e obiettivi comuni. Per funzionare, un’alleanza deve andare oltre il singolo progetto, trasformandosi in un modello collaborativo stabile e duraturo. Creare un alfabeto comune tra attori diversi è essenziale per affrontare insieme le complessità dell’innovazione sociale e generare un impatto sistemico.
Esperimento
L’innovazione sociale è anche sperimentazione: uno spazio in cui testare idee, accettare il rischio e imparare dai fallimenti, anche grazie a uno spazio sicuro come quello aperto dalla Fondazione. Non è un percorso lineare o confortevole, ma un processo energizzante che richiede tempo e strumenti per trasformare i progetti in processi. Solo attraverso la sperimentazione si può generare un cambiamento profondo, sostenibile e replicabile nel tempo.
“Si tratta di soluzioni in grado di rispondere a bisogni sociali in modi nuovi e migliori rispetto a quelli tradizionali, mettendo le persone e le loro comunità al centro del cambiamento”
Competenza
La competenza, ultimo ingrediente dell’innovazione sociale, è la capacità di trasformare visioni in realtà, allineando saperi e linguaggi per lavorare in modo coeso. È fondamentale sviluppare competenze trasversali – dalla progettazione all’impatto sociale – per affrontare sfide complesse e costruire soluzioni replicabili. Solo con competenze solide e condivise l’innovazione sociale può scalare e rispondere efficacemente ai bisogni dei territori.
Rete, sostenibilità e giovani: le lezioni apprese dai progetti
Durante l’evento, i partecipanti hanno quindi riflettuto su tre dimensioni cruciali per il successo e la continuità delle progettualità avviate: rete, sostenibilità e giovani. Da queste discussioni, sviluppate in sei tavoli di lavoro, sono emerse linee guida e spunti preziosi.
Rete
Rete significa innanzitutto creare fiducia, e la fiducia richiede tempo. Non bastano accordi formali: sono necessari momenti informali di scambio e dialogo che consolidino i legami. Perché una rete funzioni serve una visione comune e condivisa, aggiornata costantemente attraverso una comunicazione chiara e continua.
Metodi e strumenti strutturati, con il supporto di facilitatori professionisti, possono garantire una governance efficace. La rete deve diventare una struttura istituzionalizzata e sostenibile nel tempo, in grado di adattarsi senza perdere coesione.
Sostenibilità
La sostenibilità, invece, richiede creatività e strategia. Dividere un progetto in piccoli format replicabili facilita il reperimento di nuove risorse e l’ampliamento dell’impatto. Coinvolgere i cittadini e i beneficiari nel processo di co-programmazione e co-progettazione rafforza il radicamento sul territorio.
È essenziale costruire un’identità comunicativa forte che renda i progetti riconoscibili e attraenti per potenziali sostenitori, sia pubblici che privati. L’integrazione con enti pubblici, attraverso la creazione di servizi istituzionalizzati, è un ulteriore passo verso la stabilità.
“I partecipanti hanno riflettuto su tre dimensioni cruciali per il successo e la continuità delle progettualità avviate: rete, sostenibilità e giovani. Da queste discussioni, sono emerse linee guida e spunti preziosi”
Giovani
Per attrarre i giovani, la chiave è responsabilizzarli, offrendo spazi decisionali in cui possano esprimersi liberamente, senza imposizioni dall’alto. È necessario condividere una visione del mondo che risuoni con i loro valori e aspirazioni, ascoltarli e dimostrarsi pronti a cambiare.
Allo stesso tempo, bisogna formare gli adulti perché diventino capaci di attrarre e coinvolgere i giovani, creando percorsi di crescita che permettano loro di scoprire talenti e sviluppare competenze. La comunicazione deve essere specifica e mirata, costruita con linguaggi e strumenti che parlino direttamente alle nuove generazioni.
Un percorso di formazione a impatto sociale
Il viaggio che si è concluso ieri a Verona era iniziato nel 2020 con FutureUp! Social Innovation Academy, un programma formativo che ha coinvolto 170 partecipanti tra studenti, professionisti ed enti del terzo settore, fornendo strumenti per affrontare le sfide sociali.
Questo programma ha aperto la strada al bando Innovazione Sociale, lanciato nel 2021 con una dotazione di 3,2 milioni di euro. Diviso in due fasi, intervallate da diverse academy territoriali, il bando ha selezionato 21 progetti in grado di coniugare impatto sociale e sostenibilità economica, offrendo nuove opportunità di occupazione, soprattutto per i giovani.
Tra il 2022 e il 2024, i progetti sono stati accompagnati attraverso attività di monitoraggio e momenti collettivi di scambio, culminati nell’evento finale di Verona. Ogni progetto ha rappresentato un ecosistema, sviluppando soluzioni concrete per rispondere a sfide come il benessere, la sostenibilità e l’inclusione.
Un’eredità che guarda al futuro
L’evento ha quindi sottolineato come questo percorso quadriennale abbia tracciato diversi modelli replicabili e generativi di innovazione sociale. Dalle alleanze costruite, agli esperimenti condotti, alle competenze consolidate, l’eredità del progetto rappresenta un punto di partenza per continuare a innovare.
A quattro anni dall’inizio di questa avventura, il testimone passa ora ai territori. Perché l’innovazione sociale, come emerso ieri a Verona, non è un traguardo da raggiungere una volta per sempre, ma un processo in continua evoluzione.
Per l’elenco completo dei progetti clicca qui.
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