A Pojana Maggiore, un edificio chiuso e dimenticato da anni diventa il cuore di un progetto corale che coinvolge giovani, anziani, comune e associazioni: un esperimento di rinascita che unisce generazioni e visioni di comunità

All’inizio era solo un’idea. “E se la vecchia scuola tornasse a vivere?” Nessuno sapeva bene come, ma tutti, in fondo, avevano lo stesso pensiero: quel luogo non poteva restare chiuso per sempre. E così, passo dopo passo, è nato qualcosa di nuovo.
Non un progetto calato dall’alto, ma un percorso costruito insieme. Per riaccendere un edificio nel cuore del paese e riscoprire il senso di appartenenza a una comunità. Oggi il silenzio che un tempo albergava tra le aule, la palestra e i corridoi abbandonati sta gradualmente lasciando spazio a un nuovo rumore: quello della partecipazione.
“Un edificio rimasto in silenzio per anni torna a vivere grazie a un intero paese che ha scelto di crederci, passo dopo passo, trasformando la nostalgia in energia condivisa”
Un territorio “diffuso” e frammentato, ma con radici forti
Pojana Maggiore è uno dei 24 comuni che formano l’Area Berica: un territorio agricolo, disseminato di nuclei abitati piccoli ma storicamente connessi tra loro, dove le distanze fisiche sono brevi ma quelle sociali rischiano di allungarsi.
In questo contesto, l’ex scuola rappresentava non solo un bene immobiliare in disuso, ma un simbolo sospeso: il luogo in cui generazioni hanno imparato a leggere, a scrivere, a crescere. Un riferimento affettivo e funzionale che accompagna la comunità dagli anni Sessanta – quando era considerato uno spazio moderno e all’avanguardia – ma che è caduto in disuso dopo l’inaugurazione del nuovo polo scolastico, avvenuta nel 2010.

Oggi il comune conta poco più di 4.000 abitanti, con una popolazione in calo e un indice di vecchiaia elevato. Le opportunità per i giovani sono scarse, così come gli spazi per incontrarsi. La dispersione scolastica, l’isolamento sociale e la difficoltà di accedere a esperienze culturali ed educative sono temi reali.
Eppure, Pojana ha una forza invisibile: una rete di associazioni, cooperative, cittadini attivi che non si è mai spenta.
Una comunità che ha scelto di costruire insieme
Il progetto è-VIVA la vecchia scuola!, sostenuto dal bando RigenerAzioni, nasce proprio da qui: dalla volontà condivisa di restituire un significato collettivo a un luogo dimenticato. Fin da subito, l’amministrazione comunale – capofila dell’iniziativa – ha scelto un approccio coraggioso e innovativo: non “decidere per”, ma progettare con. È nata così una co-progettazione ampia, che ha coinvolto cooperative, parrocchia, associazioni, famiglie, giovani.
“All’inizio era difficile persino trovare un linguaggio comune”, ricorda Paola Fortuna, il sindaco. “Poi abbiamo capito che il valore più grande era proprio in quella fatica: imparare a fare insieme”. La co-progettazione, oltre a definire le attività da realizzare, ha generato qualcosa di più: un nuovo metodo di lavoro condiviso, replicabile per altre sfide future.
Una “piazza” che ricuce, connette, riaccende
Il progetto è giovane, ma ambizioso. Molte delle azioni immaginate stanno prendendo forma proprio ora: alcune sono partite da poco, altre aspettano solo il momento giusto.
Intanto, la palestra è già tornata a vivere, riqualificata e oggi pienamente agibile, diventando il primo spazio restituito alla comunità. È lì che si stanno muovendo i primi passi, letteralmente e simbolicamente: oggi ospita una serie di attività per persone di tutte le età, dai corsi di yoga al mini-basket, fino ai corsi di disegno e pittura.
“Non è solo una scuola che riapre: è una comunità che si ricuce, che sperimenta, che si ascolta per riscoprirsi capace di costruire nuove strade, insieme”
La trasformazione è graduale, fatta di piccoli gesti e grandi visioni. Il cuore, però, resta sempre lo stesso: costruire un luogo che non sia solo da abitare, ma da immaginare insieme. Un luogo in cui crescere, esprimersi, ascoltarsi. Dove nessuno resti ai margini. Dove il tempo non si misuri solo in ore, ma in possibilità.
La metafora scelta dalla comunità per raccontare il progetto è potente: una piazza. Non intesa come luogo monumentale, ma come spazio quotidiano, vissuto. Una piazza che è al tempo stesso reale e digitale, inclusiva, dinamica, intergenerazionale.

In una fase storica in cui la solitudine – specie tra i giovani e gli anziani – è una delle emergenze invisibili, la rigenerazione di un luogo può diventare rigenerazione di relazioni. Non è un caso che la progettazione sia partita da una domanda: come possiamo costruire uno spazio che faccia sentire tutti parte, nessuno escluso?
“Viviamo in un’epoca in cui siamo sempre connessi, ma spesso profondamente soli. E questo vale soprattutto per i giovani”, spiega Irene Vergoli, educatrice della cooperativa La Vigna. “Questa scuola vuole diventare un luogo di contatto vero. Di presenza reale. Uno spazio in cui poter fare la differenza, attraverso il coinvolgimento di tutti”.
Non un contenitore, ma un laboratorio collettivo
La nuova vita dell’edificio non sarà definita da un elenco di attività, ma dalla capacità del luogo di restare poroso, aperto, trasformabile. Ogni proposta dovrà rispondere a criteri essenziali: intergenerazionalità (coinvolgere più età) e phygitalità (interazione tra fisico e digitale attraverso strumenti tecnologici).
L’obiettivo non è solo offrire servizi, ma generare un ambiente che favorisca la nascita di nuove idee, che dia spazio al protagonismo di chi abitualmente resta ai margini. Bambini, adolescenti, over 65, famiglie, cittadini inattivi o semplicemente curiosi. Non a caso si parla di “piazza open source”: un luogo in cui le competenze non vengono custodite, ma condivise.
Giovani che partecipano, adulti che ascoltano
Uno dei risultati più belli emersi finora è la partecipazione spontanea di ragazze e ragazzi del paese. Alcuni si sono avvicinati con idee, altri con domande, altri ancora semplicemente con la voglia di esserci. Sono nate conversazioni, piccoli laboratori, momenti informali.
Una call di idee (#IdeaForPojana) ha già coinvolto team giovanili nella creazione di micro-progetti locali a impatto sociale. A volte basta poco. Un luogo che accolga, qualcuno che chieda: e tu, cosa faresti?
“In un tempo in cui molti si sentono soli anche se sempre connessi, questo progetto restituisce spazio alla presenza vera, all’ascolto reciproco e alla bellezza di sentirsi parte di qualcosa”
Nel frattempo, gli adulti rispondono: chi offre il proprio tempo per aiutare nei compiti, chi propone una mostra di foto storiche, chi vuole raccontare ai più giovani “com’era Pojana quando qui si andava a scuola”.
Un impatto che va oltre il perimetro del paese
Anche se il progetto si sviluppa in un comune piccolo, il suo modello operativo può parlare a molti altri territori: la co-progettazione reale, la governance condivisa, l’attenzione alle fragilità e la volontà di attivare energie latenti sono ingredienti che possono funzionare anche altrove.
Il valore del progetto non è nella sua unicità, ma nella sua replicabilità. Pojana diventa un esempio pratico di come la rigenerazione urbana possa diventare occasione per rilanciare una cittadinanza attiva e concreta.
Un gesto collettivo e profondamente concreto, che chiude il cerchio formativo e inaugura una nuova alleanza tra comunità e ambiente. Non solo arte da ammirare, ma arte da abitare.
Una scuola che torna a insegnare, ma in un altro modo
Oggi, mentre si pianificano i prossimi interventi, è già evidente che il cambiamento più importante è quello culturale. Un cambiamento che non si misura in metri quadri, ma in relazioni che nascono, in nuove possibilità che si affacciano, in competenze sociali che si sviluppano.

“Come in ogni scuola, si impara. Ma non più solo a leggere e scrivere. Si impara a stare insieme, a riconoscersi parte, a costruire futuro. E anche a sbagliare, riprovare, ricominciare. Proprio come si fa nella vita. Proprio come si dovrebbe fare in ogni comunità”, conclude il sindaco.
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