Fondazione Cariverona premia 13 progetti con 586mila euro: nuove alleanze tra profit e non-profit per risposte concrete ai bisogni delle comunità

C’è un’Italia che non si rassegna alla distanza e non accetta l’idea che la fragilità sia un destino. Un’Italia che sceglie di esserci – dove serve, come serve, quando serve. È questa la visione che anima Sinergie, il bando di Fondazione Cariverona giunto alla sua seconda edizione, e che oggi sostiene 13 nuovi progetti nei territori di riferimento (6 a Verona, 4 a Vicenza e 1 rispettivamente a Belluno, Mantova e Ancona) con un contributo complessivo di 586mila euro.
In un’epoca in cui le disuguaglianze crescono e il divario tra servizi e persone rischia di diventare una frattura irreparabile, la prossimità non è solo una parola bella, ma una strategia necessaria. Ed è proprio in questa direzione che la Fondazione rilancia con forza un’iniziativa fondata sulla collaborazione tra mondo profit e non-profit, che unisce innovazione, inclusione e partecipazione attiva.
“I progetti sostenuti offrono nuovi servizi educativi, socio-sanitari e lavorativi, costruiti insieme a famiglie, enti locali e imprese”
Oltre l’assistenzialismo, verso un welfare generativo
“Dobbiamo superare l’idea che il sociale riguardi solo chi è in difficoltà: questi progetti parlano di comunità, di economia, di futuro”, ha affermato il presidente Bruno Giordano. Sinergie nasce da questa consapevolezza: non si tratta di erogare aiuti, ma di innescare processi, costruire nuovi servizi stabili, co-progettati dal basso e basati su alleanze territoriali solide. Una visione che mette al centro l’impatto, non l’emergenza.
I progetti selezionati operano in cinque province, e pur nella diversità di approcci e contesti, compongono un disegno coerente di innovazione sociale concreta. A unire queste esperienze è la volontà di agire sulle cause dell’esclusione, anziché sui soli effetti.
Dove il sociale incontra l’impresa
Il tratto distintivo del bando Sinergie è chiaro: la collaborazione tra profit e non-profit non è accessoria, ma strutturale. Le imprese coinvolte non fanno da sponsor, ma partecipano alla co-progettazione, mettono a disposizione competenze, luoghi, tecnologie e visione imprenditoriale.
È così che nascono, ad esempio, laboratori produttivi in ambito agricolo o artigianale, dove persone con disabilità, migranti o giovani in condizione di inattività vengono formati e accompagnati in un percorso verso l’autonomia economica. In alcuni casi, queste attività sfociano nella nascita di vere micro-filiere inclusive, capaci di generare occupazione reale e reddito.

Educazione, lavoro, relazioni: il valore delle nuove infrastrutture sociali
Molti degli interventi sostenuti si muovono nel campo dell’educazione sociosanitaria, con servizi pensati insieme a famiglie, professionisti e enti locali: sportelli itineranti per la genitorialità nei primi 1.000 giorni, laboratori digitali per giovani con disabilità, percorsi di cura e ascolto per anziani in zone periferiche. Iniziative che spesso si svolgono in spazi rigenerati, come scuole dismesse, orti condivisi o bar sociali, che tornano a essere luoghi vivi di comunità.
Grande attenzione anche all’inclusione lavorativa: alcuni progetti propongono percorsi su misura per donne sole, ex detenuti o richiedenti asilo, con un focus su settori ad alto potenziale occupazionale, come la saldatura o la trasformazione alimentare. Non si tratta di semplici tirocini, ma di percorsi complessi, pensati per valorizzare competenze, costruire fiducia, attivare reti.
Altro tema cruciale è quello dell’alfabetizzazione digitale, finanziaria e linguistica: imparare a usare lo SPID, leggere una bolletta, gestire il bilancio familiare o scrivere un CV può fare la differenza tra esclusione e autonomia. Questi interventi, spesso rivolti a persone migranti o anziani soli, nascono da un ascolto profondo dei bisogni reali.
“Quando profit e non-profit collaborano come co-protagonisti, il cambiamento smette di essere un’utopia e diventa azione concreta”
Una visione che guarda lontano
Non mancano infine progetti a vocazione culturale, che utilizzano la narrazione autobiografica, il teatro sociale o le rassegne pubbliche come strumenti per ricostruire legami, risvegliare appartenenze, contrastare l’isolamento. Anche in questi casi, la prossimità non è solo logistica, ma relazionale: si tratta di costruire fiducia, creare spazi dove le persone si sentano viste, ascoltate, valorizzate.
“I numeri sono importanti, ma ancora di più lo sono le traiettorie che apriamo”, ha concluso il presidente Giordano. E queste traiettorie, grazie a Sinergie, disegnano una nuova idea di società: più coesa, più giusta, più capace di affrontare le sfide del presente con coraggio e concretezza.
In un tempo che separa, il bando Sinergie unisce. E lo fa con progetti coraggiosi, visioni condivise e un’idea semplice e potente: nessuno si salva da solo, ma insieme si può fare la differenza.