Approfondiamo in questa intervista con Luca Massimo Barbero la politica culturale della Fondazione Cariverona e le caratteristiche della Collezione.
Quali sono i punti di forza della Fondazione Cariverona nell’ambito della promozione del suo patrimonio artistico?
Per Fondazione Cariverona i territori delle arti rivestono un ruolo molto importante, non a caso il suo raggio d’azione è particolarmente ampio e va dalla tutela del patrimonio artistico e architettonico alla conservazione, valorizzazione e implementazione della collezione.
La politica di restauro e ripristino architettonico è uno degli aspetti più interessanti della politica culturale della Fondazione, poiché verte su interventi dedicati a contenitori culturali, complessi monastici e chiese che hanno lo scopo si essere fruiti attivamente dal pubblico. Ne è un perfetto esempio Palazzo Fulcis a Belluno, recentemente restituito all’utilizzo pubblico.
Le azioni volte alla conservazione del patrimonio immobiliare della Fondazione si fondono anche con la costituzione di una importante collezione di arte italiana che possa rappresentare in modo esaustivo non solo le principali scuole legati ai territori di pertinenza, ma anche coprire un ampio spazio cronologico dal XIV al XXI secolo.
La forma di questa collezione consta di due principali corpi: uno relativo all’arte antica con uno sguardo approfondito ai fenomeni e alle ricerche del territorio veronese e dei protagonisti dei maggiori momenti dell’arte rinascimentale e barocca; l’altro, invece, ì un approfondimento tramite una precisa campionatura e scelta di arte italiana del XX secolo, dai protagonisti delle sue avanguardie sino agli ultimi decenni.
Quali sono gli aspetti più originali della Collezione della Fondazione e le opere che più la connotano rispetto alle altre fondazioni bancarie?
Sicuramente il nucleo relativo all’arte antica spicca per la sua ricchezza complessa ma omogenea, poiché esplora gli eventi artistici del veronese e del territorio veneto in un ampio arco temporale. La “Veduta di Verona con Castelvecchio” di Bernardo Bellotto ne è l’esempio perfetto: dipinto emblematico nel senso più lato del termine, l’opera non è solo un simbolo del suo tempo ma anche di una produzione artistica legata visivamente al territorio.
Il nucleo relativo al XX secolo, invece, si caratterizza soprattutto per la volontà di costruire una collezione concentrandosi sulla scelta di opere autori molto rappresentativi e di alto livello. Ne sono un esempio alcune opere uniche di Umberto Boccioni – ben rappresentato nei suoi anni giovanili – o interessanti lavori di Giacomo Balla fino ad opere legate alla nuova “realtà pittorica” come quelle di Cagnaccio di San Pietro. Il corpus relativo al ‘900 sottolinea, quindi, la capacità di Fondazione Cariverona di selezionare e individuare solo i momenti più significativi di ciascun autore.
Le esperienze del secondo dopoguerra sono rappresentate magistralmente da un caposaldo dell’astrazione come il “Trittico della Libertà” di Emilio Vedova a cui si affiancano opere del periodo più maturo dell’artista oltre a lavori simbolo della stagione del gesto e della materia come quelli di Afro, Santomaso e del “veronese” Birolli, maestro delle sperimentazioni e delle avanguardie.
Infine, un importante corpus scultoreo rappresentato magistralmente dalla Donna che nuota sott’acqua di Arturo Martini – acquisto tra i più recenti della Fondazione – simbolo delle nuove ricerche e della nascita della nuova scultura italiana del dopoguerra che parte da quegli anni.
La valorizzazione delle collezioni bancarie è un tema molto presente nel dibattito culturale: quali sono le azioni che Fondazione intende intraprendere in tal senso?
Fondazione Cariverona è stata pioniera negli anni agendo su due livelli: da un lato promuovendo azioni nei territori di pertinenza, garantendo la propria partecipazione non solo nella produzione di eventi o restauro negli edifici a natura culturale ma anche condividendo opere della collezione in occasione di mostre. Questa scelta, particolarmente lungimirante, ha garantito un rapporto sempre più stretto con le amministrazioni dei territori e occasioni di visibilità per la collezione stessa.
Per Fondazione Cariverona, quindi, le opere non sono solo un capitale culturale ma anche un elemento utile all’attivazione di eventi e approfondimenti.
Particolarmente interessante è l’azione di studio di alcuni nuclei di pittura e scultura iniziandone , attraverso mirate esposizioni, l’approfondimento scientifico e culturale al fine di unire la disponibilità e la condivisione con il pubblico ad una nuova serie di indagini sull’arte italiana creando un circuito virtuoso con le istituzioni che li richiedono o li espongo.
Credit: Foto Alessandro Moggi, per gentile concessione della Fondazione Palazzo Strozzi
Il patrimonio culturale di Fondazione Cariverona non è composto solo da opere ma anche da immobili: che tipo di rapporto si intende creare tra questi due campi?
Fondazione ha da sempre una missione legata alla conservazione restauro e valorizzazione di alcuni contenitori culturali di grande valore storico artistico: in alcuni casi partecipa al ripristino dal punto di vista puramente architettonico in altri edifici fa invece interagire, anche a seguito di restauro, opere della proprie collezioni.
Uno dei primi esempi di interazione tra contenitore e contenuto, sebbene l’edificio non fosse proprietà di Fondazione, è il contributo al restauro di Palazzo della Ragione insieme al Comune di Verona a cui ha fatto seguito il prestito di un nucleo importantissimo di opere ad integrazione delle collezioni civiche.
Ultimo in ordine di tempo è l’intervento su Palazzo Fulcis a Belluno. Fondazione Cariverona, proprietaria dell’immobile, ne ha curato il restauro al fine di instaurare una sinergia con l’amministrazione comunale per renderne possibile l’uso a scopo museale.
E ancora, il caso della Mole Vanvitelliana di Ancona che ha visto Fondazione come parte attiva nel restauro a cui ha fatto seguito un prestito importante di opere.
La collezione e i contenitori culturali, quindi, interagiscono sempre più e Fondazione si propone come un agitatore attivo di un circuito virtuoso di collaborazioni.