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STORIE DI INNOVAZIONE

Sulle tracce di Dino Coltro: la forza delle storie riaccende il futuro della comunità

10 gennaio 2025  |  Tempo di lettura: 7 minuti

Il progetto punta a rilanciare lo sviluppo della pianura veronese attraverso la valorizzazione del ricco patrimonio culturale e sociale lasciato da Dino Coltro, scrittore e cantore della memoria contadina capace di ispirare anche le nuove generazioni

Le storie sono come la terra: se le abbandoni, si perdono. Siamo nella Casa Museo Dino Coltro, un piccolo spazio ricco di memoria nato a San Giovanni Lupatoto, uno dei comuni più popolosi della provincia di Verona, anello di collegamento tra periferia urbana e campagna. Qui – tra vecchi oggetti della tradizione contadina e nuovi schermi a led – batte il cuore di un’iniziativa ambiziosa, che ha l’obiettivo di ricucire il legame tra la comunità e un territorio rimasto troppo spesso ai margini: la pianura veronese.

Ad accoglierci è Isabella Bertolaso, responsabile del progetto Sulle tracce di Dino Coltro (sostenuto dalla Fondazione) e presidente di Humanitas Act, accompagnata da Pietro Turazzini (storico) e Giorgia Dierico (social media manager). L’iniziativa si muove tra racconti antichi e nuove generazioni, in un viaggio che inizia dal passato ma guarda dritto al futuro per trasformare una crisi identitaria in una rinascita collettiva.

“Non vogliamo lasciare che le nostre radici vadano perdute… Siamo certi che siano ancora in grado di produrre linfa per dare una seconda vita a questi luoghi”

“Negli ultimi decenni la ‘bassa veronese’ si è svuotata non solo di persone, ma anche di significati e di identità“, conferma Bertolaso. Il degrado fisico, rappresentato plasticamente dalle corti in rovina lungo il fiume Adige, è specchio di una perdita culturale più profonda.

Ma proprio da questo contesto il progetto prende forza. “Non vogliamo lasciare che le nostre radici vadano perdute… Siamo certi che siano ancora in grado di produrre linfa per dare una seconda vita a questi luoghi”.

Dal racconto degli operatori si libera un’energia inattesa: è la forza di una terra che cerca di ritrovare il proprio senso, a partire da un’eredità culturale che pulsa ancora. Ma è anche la storia di un uomo, Dino Coltro, che di quella memoria ha fatto il suo canto, e di un progetto che ha saputo trasformare le tracce del poeta in una nuova mappa per il futuro.

La pianura veronese: tra silenzio e marginalità

La pianura veronese è un luogo che racconta poco di sé a chi non sa ascoltare. Campi che si estendono a perdita d’occhio punteggiati da verdi golene, vecchie corti, chiesette diroccate e antichi manufatti idraulici: un paesaggio di una bellezza discreta, mai gridata.

Chi vive questa terra, che si srotola placida tra l’Adige e i fiumi di risorgiva, la percepisce spesso come marginale: “Non siamo Verona, con la sua cultura e i suoi turisti, né la Valpolicella o il Lago di Garda, con il loro magnetismo. Siamo una terra di mezzo, che ha sempre vissuto in bilico”. Luoghi che, nel corso degli anni, hanno visto svanire gran parte della loro identità.

“Non siamo Verona, con la sua cultura e i suoi turisti, né la Valpolicella o il Lago di Garda, con il loro magnetismo. Siamo una terra di mezzo, che ha sempre vissuto in bilico”

La modernizzazione ha portato lavoro, infrastrutture, progresso, ma ha lasciato dietro di sé frammenti di un passato che rischia di sparire per sempre: la pianura ha perso i suoi mestieri tradizionali, le sue storie contadine, e con loro una parte della propria anima.

L’abbandono delle attività rurali e artigianali ha svuotato borghi e manufatti storici, un tempo fulcro della vita sociale, mentre i giovani hanno iniziato a lasciare casa per cercare opportunità altrove.

Anche i servizi essenziali, come il trasporto pubblico, sono carenti: da molti paesi c’è un solo autobus al mattino e uno al pomeriggio per i collegamenti con i centri più grandi. “Questi problemi non sono solo logistici. Alimentano un senso di distacco e smarrimento“.

Proprio questo smarrimento è diventato il punto di partenza del progetto, che nasce quindi dalla consapevolezza di una crisi profonda. “La sfida più grande è restituire un senso di appartenenza,” spiega Bertolaso. “Perché, se non ti riconosci in un luogo, non puoi prendertene cura. Abbiamo deciso di partire da qui, lasciandoci ispirare dalle storie della nostra terra e da Dino Coltro… per provare a dare a problemi vecchi risposte nuove”.

Dino Coltro: il poeta della memoria contadina

Per capire meglio il progetto, bisogna conoscere l’uomo che lo ha ispirato. Chi era Dino Coltro? Nato in questa terra nel 1929 e cresciuto tra le sue tradizioni, Coltro ha trascorso la vita a raccogliere testimonianze orali, proverbi, storie di vita e saperi antichi della civiltà contadina.

Non si limitava a catalogare: trasformava queste voci in narrazioni universali, capaci di parlare a tutti, dando dignità a ciò che molti consideravano semplice folklore. Per questo motivo, è diventato il simbolo di un patrimonio che oggi può tornare a vivere grazie al progetto che porta il suo nome.

“Coltro ci ha mostrato che il passato non è mai solo passato. È una chiave per leggere il presente e immaginare un nuovo futuro”

“Coltro ci ha mostrato che il passato non è mai solo passato,” sottolinea Bertolaso. “È una chiave per leggere il presente e immaginare un nuovo futuro.” Il suo archivio, in parte raccontato dalla Casa Museo di cui siamo ospiti, è una miniera di ricordi: registrazioni audio, fotografie, appunti e oggetti che raccontano la cultura rurale della pianura veronese.

“L’idea della nostra iniziativa è riattivare questa memoria viva per riscrivere il destino della nostra terra”. Un’intuizione che ha messo in moto la partecipazione di tutta la comunità.

Ascoltare la comunità, attivare i giovani

Uno degli aspetti più innovativi del progetto è infatti il suo approccio partecipativo. Non si tratta di un’operazione calata dall’alto, ma di un percorso costruito insieme agli abitanti. “Abbiamo iniziato ascoltando“, spiega Bertolaso.

Incontri, focus group, cene comunitarie: momenti semplici ma fondamentali per raccogliere le voci della gente, le loro storie e i loro bisogni, guidati dal team di Salmon Magazine che ha prodotto una nuova mappatura sociale della pianura veronese. “Per noi non si tratta solo di valorizzare il passato, ma di immaginare insieme la comunità che vogliamo”. Questo approccio ha permesso di coinvolgere giovani, famiglie e anziani in un dialogo intergenerazionale che restituisce dignità alle tradizioni raccontate da Coltro e apre nuove prospettive.

“È stato incredibile vedere ragazzi che scoprivano il loro territorio per la prima volta, come se fosse un mondo nuovo. Una delle soddisfazioni più grandi”

Un ruolo fondamentale è stato affidato alle nuove generazioni. Nelle scuole, gli studenti sono stati invitati a intervistare i loro nonni, raccogliendo testimonianze che altrimenti sarebbero andate perdute.

“È stato incredibile vedere ragazzi che scoprivano il loro territorio per la prima volta, come se fosse un mondo nuovo. Una delle soddisfazioni più grandi”, ammette Bertolaso. Questo confronto sta alimentando una mappa di comunità, un documento che unisce passato e presente, raccontando la pianura attraverso gli occhi di chi la vive, un ritratto vivo di una terra e della sua gente.

Un viaggio nel passato che riprende vita

“Grazie a questi incontri ci siamo resi contro che l’eredità di Coltro non è solo culturale… è sociale. La sua opera può diventare uno strumento utile a ricostruire un nuovo senso di appartenenza“. E così è nata un’ampia rete di partner che ha lasciato libero sfogo alla fantasia, dando progressivamente vita a una serie di itinerari culturali, festival diffusi e percorsi esperienziali.

L’obiettivo è trasformare il territorio in un museo all’aperto, dove ogni luogo racconta una storia grazie ad attività eterogenee, pensate per coinvolgere e attrarre diversi tipi di pubblico. Tutte hanno il loro epicentro nella Casa Museo, punto di partenza ideale per riscoprire i tanti tesori narrati da Coltro.

Il cuore dell’iniziativa è stata la creazione di percorsi tematici da fare a piedi o in bicicletta che attraversano i luoghi simbolo della pianura raccontati da Coltro.

Il circuito principale di 75 chilometri si snoda in 7 Comuni, tra il Manufatto idraulico del Gangaion, l’oasi naturalistica di Ronco all’Adige e la Casa Museo Dino Coltro, offrendo esperienze immersive per visitatori di tutte le età, anche grazie al coinvolgimento di numerosi enti e aziende del territorio, segnalate nella mappa di comunità e pronte a offrire accoglienza e punti di ristoro. Dai pannelli informativi dotati di QR code alle biciclette per persone con disabilità, tutto è pensato per un accesso inclusivo e sostenibile.

“Le storie devono uscire dagli archivi e tornare nelle mani della gente”

“Non vogliamo solo guidare le persone attraverso la nostra pianura, vogliamo che la vivano“. Ogni tappa racconta una storia: il Parco all’Adige, ad esempio, diventa un teatro naturale per letture e performance, mentre la Casa Museo ospita esposizioni e laboratori.

In un’epoca di turismo mordi e fuggi, Sulle tracce di Dino Coltro propone quindi un’alternativa: un turismo lento e sostenibile. Pedalare lungo l’Adige, fermarsi in una corte per assaggiare prodotti gastronomici, ascoltare le storie antiche dei contadini. È un’esperienza che connette il visitatore, ma anche il cittadino, alla terra.

Una seconda attività cruciale del progetto è la digitalizzazione dell’archivio di Dino Coltro in parte ancora inesplorato. Questo non solo rende il materiale accessibile a un pubblico più ampio, ma lo trasforma in un punto di partenza per nuove narrazioni, in grado di stimolare l’immaginazione e coinvolgere ulteriormente la comunità. “Le storie devono uscire dagli archivi e tornare nelle mani della gente”, conferma Bertolaso.

Attraverso concorsi di idee e festival diffusi, viene inoltre stimolata la creatività locale, coinvolgendo le nuove generazione. Grazie al progetto è, ad esempio, anto il PIASE (PIAnura VeroneSE) Festival, un evento itinerante che porta l’arte nei luoghi della tradizione, attirando un target ampio ed eterogeneo.

Giovani artisti, studenti e associazioni sono invitati a reinterpretare i materiali di Coltro in chiave moderna: dai cortometraggi alle installazioni artistiche, fino agli arrangiamenti musicali. Durante il festival, che quest’anno è durato oltre un mese, ampio spazio viene inoltre dedicato alle attività sportive (come la discesa dell’Adige in canoa), ai laboratori, alle degustazioni dei piatti tipici locali e ai convegni tematici.

“Vogliamo che le nuove generazioni vedano il loro territorio come una tela su cui creare. Il nostro obiettivo è mostrare che le radici non sono un limite, ma un trampolino“.

Le storie sono semi di futuro

Il progetto affronta sfide complesse e comuni a tanti territori, dalla marginalità geografica alla perdita di identità, fino alla fuga dei giovani. Ma lo fa con soluzioni originali che combinano innovazione e tradizione, attualizzando il patrimonio di Dino Coltro per creare insieme nuovo senso di appartenenza e opportunità di sviluppo. “Non si tratta solo di conservare, ma di trasformare,” suggerisce Bertolaso.

“Dino Coltro ci ha insegnato che le storie non appartengono al passato. Sono semi che germogliano nel presente per dare frutti nel futuro”

Il nostro viaggio sulle tracce di Coltro, iniziato alla Casa Museo, termina al Parco all’Adige, polmone verde dell’iniziativa, dove l’Adige scorre lento e la natura abbraccia ogni cosa. Qui, in questo spazio, allo stesso tempo selvaggio e accogliente, si coglie il vero significato del progetto.

Non è solo una questione di cultura o turismo: è un atto d’amore verso una terra e la sua gente.

“Dino Coltro ci ha insegnato che le storie non appartengono al passato. Sono semi che germogliano nel presente per dare frutti nel futuro”. E guardando la pianura veronese, che lentamente torna a risvegliarsi e a raccontarsi, viene da pensare che quei semi abbiano finalmente trovato un terreno fertile anche per le nuove generazioni.

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